Come pensi di vendere se non sei disposto a investire nel tuo brand?

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Se hai deciso di leggere questo post è perché hai uno spirito imprenditoriale, oppure ti appresti a creare il tuo brand o ad aprire un’attività.

Benvenuto nell’affascinante mondo degli imprenditori!

Il successo ottenuto dai blog ha invogliato molte persone ad avviare la propria attività e aprire un blog personale, alcuni molto conosciuti e altri meno.

A volte però mi sorprendo della leggerezza con cui lo fanno.

 

Voglio cominciare col dirti che se hai un sogno, e vuoi vivere grazie a questo sogno, allora fallo!

Però fallo sapendo che, per quanto valga la pena, le cose non sono sempre così belle né tantomeno facili come possono sembrare.

E, soprattutto, tieni presente che  è molto difficile convincere i tuoi potenziali clienti affinché confidino in te e comprino i tuoi prodotti o servizi, se tu per primo non hai abbastanza fiducia da investire nella tua immagine o nello sviluppo del tuo brand o attività.

E’ praticamente impossibile creare e far funzionare un’attività a costo zero.

Questo è importante che tu lo sappia prima di cominciare.

Ci saranno cose che potrai fare tu stesso o altri, strategie che puoi implementare senza costi, però questi sono solo alcuni dei passi che dovrai fare. Per crescere e convertire il tuo brand o la tua attività in un modello del settore, sarà necessario un investimento. Questa è la verità.

E chiunque dica il contrario temo che non abbia mai avviato un’attività in vita sua. E’ molto importante essere ottimisti, ma è ugualmente importante rimanere con i piedi per terra.

Detto questo, ti espongo i 7 passi base per avviare la tua attività e avere una certa presenza nella rete:

  1. Studio di fattibilità della tua idea
  2. Un business plan che confermi la fattibilità
  3. Specializzazione e perfezionamento del prodotto o servizio
  4. Costruzione del tuo brand
  5. Costruzione della piattaforma di esposizione e vendita (WEB)
  6. Elaborazione di una strategia di marketing
  7. Aspetti legali associati alla tua attività

Ti raccomando caldamente di sviluppare ogni punto, informarti, richiedere il giusto budjet per ognuno dei passi che dovrai fare…

E poi fai un bilancio della tua situazione. E’ importante che tu sia cosciente di dove puoi arrivare in questo momento. La tua attività richiede, oltre all’investimento di cui ti parlavo, anche tanto sforzo, tempo, lavoro e un grande compromesso.

Prenditi il tempo necessario di cui hai bisogno per essere pronto. E quando deciderai di avviare la tua attività fallo puntando il 100%  e con la massima fiducia in te stesso e in quello che offri.

Se non investi ad esempio in una pagina web che sia adatta alle caratteristiche e necessità della tua attività, che trasmetta esattamente l’immagine che desideri trasmettere, è complicato ottenere la fiducia di cui hai bisogno e convertirla in potenziali clienti.

Lo stesso vale per la tua strategia di marketing. Se non investi in una buona strategia sarà molto difficile arrivare al tuo pubblico, far conoscere i tuoi prodotti o servizi o far si che la gente ti conosca.

Come puoi capire non è impossibile, solo complesso. Per questo è importante che inizi quest’avventura prendendola seriamente sin dal primo momento in cui “tenti la fortuna”.

Ma non dimenticare che la fortuna non è cieca e non sceglie a caso chi baciare, la fortuna è di coloro che sanno crearsela grazie al duro lavoro. Dacci sotto allora!

¿Cómo quieres vender sin no estás dispuesto a invertir en tu marca?

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Si te has decidido a leer esto es porque tienes espíritu emprendedor o estás dispuesto a crear tu propia marca o empresa. ¡Bienvenid@ al fascinante mundo de los emprendedores!

El auge de los blogs ha llevado a muchos, algunos muy conocidos y otros no tanto, a crear el suyo propio animando a cualquier persona a crear su negocio. Y a veces me sorprende la ligereza con la que lo hacen…

Quiero empezar diciéndote que, si tienes un sueño y quieres vivir de él, ¡hazlo! Pero hazlo sabiendo que merece la pena pero las cosas no son siempre tan bonitas, ni mucho menos fáciles.
Y, sobre todo, ten en cuenta que es muy complicado dar razones de peso a tus potenciales clientes de que confíen en ti y compren tus productos o servicios si ni siquiera tú confías lo suficiente en ellos como para invertir  en la imagen y desarrollo de tu marca o empresa.

Es prácticamente imposible crear y hacer funcionar un negocio a coste 0. Esto debes saberlo antes e comenzar.
Habrá acciones que puedas realizar tú mism@ u otras estrategias que puedas implementar sin coste, pero eso solo serán algunos de los pasos que debes dar. Para crecer y convertir tu marca o empresa en un referente en el sector, será necesaria una inversión. Esa es la realidad.
Y el que diga o contrario, mucho me temo que no ha montado un negocio en su vida. Es muy importante que seas optimista, pero igual de importante es que mantengas los pies en la tierra.

A continuación te expongolos 7 pasos básicos para montar tu negocio con presencia en a Red:

  1. Estudio de viabilidad de tu idea
  2. Plan de negocio que confirme la viabilidad
  3. Especialización y perfeccionamiento del producto o servicio
  4. Construcción de tu propia marca
  5. Construcción de plataforma de exposición y venta (WEB)
  6. Elaboración de una estrategia de marketing
  7. Aspectos legales asociados a tu actividad

Te recomiendo que desgloses cada punto, te informes, solicites presupuestos para cada uno de los pasos que debes dar…
Y luego, haz balance de tu situación. Es importante que seas consciente de hasta dónde puedes llegar en este momento. Tu negocio requiere, además de esa inversión de la que hablaba, esfuerzo, tiempo, trabajo y un gran compromiso.

Tómate el tiempo que consideres necesario para estar listo. Y cuando decidas emprender, que sea apostando 100% y con la máxima confianza en ti mismo y lo que ofreces. 

Si no inviertes, por ejemplo, en una web adaptada a las características y necesidades de tu negocio y que transmita exactamente la imagen que quieres transmitir, es complicado ganar la confianza y convertir a potenciales en clientes. 
Lo mismo ocurre, por ejemplo, con la estrategia de marketing. Si no inviertes en una buena estrategia, será muy complicado llegar hasta tu público, dar a conocer tus productos o servicios, que la gente te conozca. 

Como ves, imposible no es, solo complejo. Por eso es importante que te lo tomes en muy en serio desde el primer instante en el que vas a «probar suerte». Pero no olvides que la suerte no está ahí eligiendo a dedo tocar a unos pocos, sino que es de quien la trabaja y crea.

¡Adelante!

Avere semplicemente una pagina web non serve a nulla

página webIl semplice fatto di avere una pagina web non è garanzia di nulla, né ricevere alcune decine o mille visite in un giorno, se questo non significa anche l’arrivo dei clienti…

 Dico sempre che aprire una pagina web è come aprire un negozio nel deserto.

Non importa quanto hai decorato bene la tua vetrina, nessuno, o quasi, passerà da lì.

Ma se siamo capaci di organizzare escursioni che conducano le persone che ci interessano fino al luogo dove si trova il negozio e facciamo azioni in modo tale che, poco a poco, altri si accorgano che c’è un negozio che vende cose meravigliose nel deserto e desiderino andarci…allora può funzionare.

E’ un esempio esagerato, i tuoi clienti non dovranno attraversare il deserto per incontrarti, ma spero sia servito per trasmetterti il concetto. Quello che voglio dire è che da sola una pagina web è uno strumento che non concede molto. Necessita di altri strumenti e azioni affinché il nostro pubblico possa arrivare fino a essa e scoprire così che abbiamo soluzioni perfette per le loro necessità.

Tieni presente che più o meno ogni due minuti nasce una nuova pagina web su internet.

E’ per questo che è fondamentale contare su un piano che permetta alla nostra attività di farsi conoscere, fare in modo che arrivino dei visitatori che vedano i nostri prodotti o servizi e che si possano convertire in potenziali clienti.

Ci hanno ripetuto continuamente che se non sei su internet non esisti. In parte è vero. Però non tutti dicono che è inutile esserci in qualsiasi modo, bisogna anche sapere come.

Conosco molte persone che dopo un anno che hanno aperto la loro pagina web si fanno prendere dalla delusione e abbandonano il loro sogno o progetto, pensando che avere una pagina web non è necessario per la loro attività. Oppure abbandonano perché non hanno ottenuto i risultati che speravano. Il problema non è la pagina web, il problema è che non è stata delineata e implementata una strategia per farla conoscere.

Come possiamo promuovere la nostra pagina web?

Esistono molti modi per promuovere la nostra pagina web. Quel che è certo è che ogni progetto è un mondo con obiettivi specifici e concreti, per questo bisogna valutare attentamente ogni caso per decidere quali sono le azioni più adeguate da mettere in pratica.

Tuttavia qui ti elenco alcuni modi per promuovere la tua pagina web che ti permetteranno di far arrivare i tuoi primi visitatori:

  1. Approfitta di tutto il materiale che hai sulla tua attività per individuare il nome giusto per il tuo indirizzo su internet.
  2. Informa tutti i tuoi conoscenti, familiari, contatti, del tuo progetto e invitali a visitare la tua pagina.
  3. Inserisci in tutte le tue email una firma che includa il logo della tua attività o brand e il tuo indirizzo internet.
  4. Se hai un blog genera contenuti in maniera costante, questo ti aiuterà non soltanto ad attirare traffico sulla tua pagina ma anche a costruire e rafforzare la tua immagine e la tua reputazione online.
  5. I social network giocano un ruolo molto importante in tutto questo. Utilizzali per offrire contenuti interessanti al pubblico che linka sulla tua pagina web.
  6. Ti raccomando di creare poco a poco la tua base dati relativa agli utenti interessati ai tuoi prodotti o servizi, per poter poi in un secondo momento inviare promozioni, novità, sconti (sempre senza fare spam).
  7. Il Guest Blogging è un’altra tecnica che ti aiuterà ad aumentare le visite sulla tua pagina web.

Questi sono solo alcuni piccoli suggerimenti che possono aiutare a promuovere la tua pagina web, ma è importante avere un piano ben strutturato che ti permetta di avanzare verso i tuoi obiettivi in maniera chiara e misurabile.

Il cammino non è facile ma merita lo sforzo.

Una web no te sirve para nada

página web

El simple hecho de tener una página web no garantiza nada, ni recibir miles de visitas, ni siquiera algunas decenas; ni que nos comiencen a aparecer clientes…

Siempre digo que abrir una página web es como abrir una tienda en el desierto. No importa lo bonito que hayas decorado el escaparate, nadie, o casi nadie, va a pasar por allí.
Pero si somos capaces de organizar excursiones que lleven personas que nos interesan hasta donde está la tienda, y llevamos a cabo acciones para que, poco a poco, otros se enteren de que hay una tienda que vende cosas maravillosas en el desierto y deseen ir… entonces puede funcionar.

Es un ejemplo algo exagerado, tus clientes no tendrán que atravesar el desierto para encontrarte, pero espero que haya servido para trasladarte el concepto. Lo que quiero decir es que por sí sola una página web es una herramienta que no nos va a permitir gran cosa. Precisa de otras herramientas y acciones que lleven a nuestro público hasta ella y descubran que tenemos la solución perfecta para sus necesidades.

Ten en cuenta que más o menos cada 2 minutos se genera un nueva nueva web en Internet. Es por ello que resulta fundamental contar con un plan para que nuestro negocio se de a conocer y de esta forma lleguen visitantes que vean nuestros productos o servicios y podamos convertirlos en potenciales clientes.

Nos han repetido continuamente eso de que si no estás en internet no existes. Y en parte es cierto. Pero no todos nos dicen que no sirve estar de cualquier manera, hay que saber estar.

Conozco mucha personas que tras un año con su página web abierta se decepcionan y abandonan su sueño o su proyecto pensando que tener una página web no es necesario para su negocio, o decepcionados porque no han logrado resultados como esperaban. Y el problema no es la web, el problema es que no se ha diseñado y llevado a cabo una estrategia para darla a conocer.

¿Cómo promocionar nuestra web?

Son muchas las formas que existen para promocionar nuestra página web. Y lo cierto es que cada proyecto es un mundo con objetivos específicos y concretos, por lo que habría que valorar cada caso con detenimiento para decidir cuáles son las acciones más adecuadas y dónde llevarlas a cabo. Sin embargo, aquí te dejo algunas formas de promocionar tu web que te permitirán hacer llegar tus primeros visitantes:

  1. Aprovecha toda la papelería y cartelera de tu negocio para poner tu dirección web.
  2. Informa a todos tus conocidos, familiares y contactos de tu proyecto e invítalos a visitar tu página.
  3. Incluye en todos tus emails una firma que incluya el logotipo de tu empresa o marca y tu dirección web.
  4. Si tienes un blog, genera contenidos de manera regular, no solo te ayudará a atraer tráfico hasta tu web, sino que te ayudará a ir construyendo y reforzando tu imagen y reputación online.
  5. Las redes sociales juegan un papel muy importante en todo esto. Utilízalas para ofrecer contenidos interesantes a tu público que enlacen a tu website.
  6. Mailing. Te recomiendo que poco a poco te vayas creando tu propia base de datos de usuarios que les interese tu producto o servicio para posteriormente enviar promociones, novedades, descuentos (siempre sin hacer spam).
  7. El Gest Blogging es otra técnica que te ayudará a aumentar las visitas de web.

Estos son unos pequeños tips que pueden ayudar a promover tu página web, pero te recomiendo tener un plan bien estructurado que te permita ir avanzando hacia tus objetivos de manera clara y medible. 
El camino no es fácil, pero merece el esfuerzo.

 

Intervista a Leonardo Penotti (@penotti)

Fare la conoscenza di qualcuno che ha percorso lo stesso cammino che vorresti intraprendere tu, quando si tratta di avviare un’attività, scoprire le sue esperienze, sapere quello che pensava quando ha cominiciato, quello che pensa adesso, quello che senza dubbio farebbe di nuovo e quello che invece ha imparato dagli errori, secondo me, è davvero di grande aiuto per qualsiasi imprenditore.

Per questo ho deciso di aprire una nuova rubrica qui sul blog, uno spazio che dedico alle interviste agli imprenditori. E ho avuto il piacere di conoscere e inaugurare questa sessione con Leonardo Penotti (@penotti).

Argentino di origine italiana, Penotti è Ingegniere dei Sistemi di Informazione, Consulente I.T. in Comunicazione e Politica e imprenditore.


penotti

Per poterti conoscere un po’ meglio ci racconti brevemente qualcosa di te?

Vivo a Rosario, Argentina, dove sono nato e cresciuto. Sono Ingegniere dei Sistemi di Informazione e Consulente I.T. in Comunicazione e Politica

Che influenza hanno avuto i tuoi genitori su di te?

Sono cresciuto in un tipico ambiente della classe media lavoratrice, ricevendo molto amore soprattutto da parte dei miei genitori. Da loro ho imparato il valore della parola, dell’empatia, del rispetto, l’onestà e soprattutto l’importanza che ha per se stessi aiutare qualcun altro. Tutto questo me l’hanno insegnato attraverso il loro esempio senza bisogno che mi dicessero nulla.

Quali sono le tue origini?

Ho origini che risalgono all’Italia del nord, precisamente in Piemonte. Per questo ho la nazionalità italiana, oltre a quella argentina. I miei nonni facevano lavori completamente diversi da quelle che sono oggi le mie inclinazioni: litografia, metallurgia, pittura e arti plastiche. Certo nessuno di loro aveva un orientamento professionale simile al mio, che non sono attratto solo dall’Ingegneria, ma dall’arte in generale. Se parliamo invece delle mie origini etniche, come gran parte degli argentini, ho nel corpo sangue italiano, libanese, francese e creolo.

In quale momento della tua vita hai deciso di diventare Ingegnere in Sistemi di Informazione?All’incirca all’ultimo anno delle scuole elementari.

Raccontaci qualcosa su come è iniziata la tua carriera come Ingegnere in Sistemi di Informazione

Mi sono laureato come Ingegnere dei Sistemi di Informazione nella mia città, con una formazione statale all’ Universidad Tecnológica Nacional e successivamente con una formazione privata presso l’ Universidad Abierta Interamericana.

Quali corsi hai trovato utili come complemento alla tua carriera?

Mentre frequentavo la facoltà partecipavo a seminari e corsi affini e interdiscipinari come per esempio  “Unified Modeling Lenguaje”, analisi dei dati, architettura del software, nuove tecnologie e altre. Anche lo studio delle lingue è stato rilevante, perché per mantenere il passo è necessario leggere le bibliografie nella loro lingua originale, e questo ti permette di apprendere i concetti esattamente come gli esprime l’autore senza alcuna manipolazione.

Parlando di libri, quali libri o autori hanno svolto un ruolo determinante durante il tuo periodo da studente?

Ce ne sono molti. Le specializzazioni all’interno di questo tipo di lavoro sono talmente tante che mi sarebbe impossibile raccomandare solo una parte delle letture più adatte. Certamente però posso citare alcuni grandi autori che hanno trattato temi in maniera integrale e anche quelli che ne hanno parlato in maniera specifica. Ad esempio Thomas Cormen, William Stallings, Charles Leiserson, Craig Larman, Ronald Rivest, Andrew Tanenbaum, Abraham Silberschatz, Clifford Stein, fra i tanti. Quel che è certo è che nessuno dei loro libri può deludere.

 

Parlando invece di libri e autori non accademici ma ricreativi, quali preferisci? Anche relazionati con le nuove tecnologie.

Partendo dal fatto che i generi che più mi affascinano sono il distopico e il cyberpunk, gli autori che  più mi piace leggere sono William Gibson, George Orwell, Aldous Huxley, Ray Bradbury, Phillip Dick, Alan Moore, Masamune Shirow, Phyllis James e qualcun altro. Allo stesso modo mi vengono in mente grandi registi che mescolano distopia e surrealismo come per esempio Hideaki Anno, Terry Gilliam, Fritz Lang, Luis Buñuel, David Lynch, David Cronenberg, Alejandro Jodorowsky e l’elenco sarebbe ancora lungo.

Qual’è stato il tema della tua Tesi di Laurea?

La mia tesi era incentrata su una piattaforma virtuale universitaria per docenti e studenti sviluppata come un modello integrale di attività. Grazie all’aiuto di diversi docenti abbiamo testato il software online in vari corsi della Facoltà, per tutto il processo di sviluppo. I risultati furono molto buoni e hanno dimostrato come la resistenza al cambiamento in ambito accademico tende a diminuire.

Ricordi alcune materie che ti hanno fatto venire “il mal di testa”?

Mi piace molto la matematica e non posso dimenticare materie come “Fisica delle Leggi di Einstein”, “Elettromagnetismo in Stato Solido II” e alcune altre che in questo momento non ricordo sicuramente.

Come e quando è iniziata la tua carriera professionale?

Mentre stavo finendo l’università, a 25 anni, insieme a un gruppo di professionisti ho fondato nella città di Buenos Aires la prima impresa in Argentina che offriva servizi su piattaforme immersive. Oltre a ricoprire il mio ruolo gestionale ho ricoperto anche le mansioni di project manager e sviluppatore. La mia specializzazione mi ha permesso di essere l’unico programmatore in questo momento nel campo del linguaggio orientato a oggetti di Linden Lab e di Opensim.

Ricordi alcuni incontri curiosi con i tuoi primi clienti?

Ricordo una situazione molto divertenete dove un cliente mi disse: “Sei il primo Ingegnere dei Sistemi che conosco ad essere anche estroverso”. Fu molto carino.

Quali progetti o sviluppi furono maggiormente trascendenti o rilevanti, sia per te che per il cliente?

Ho avuto l’opportunità di portare avanti progetti immersivi nell’area politica per il Governo della Città Autonoma di Buenos Aires, nell’area educativa per la Universidad Argentina de la Empresa (U.A.D.E.), in Tics per la Rete delle Scuole Medie,  in ludicizzazione per Sedal Argentina per mano della conduttrice Mariana Fabbiani e nell’area multimediale per Radio Del Plata grazie al giornalista Jeorge Lanata, fra i tanti. Una volta conclusa questa tappa ho fatto alcuni laboratori e seminari inerenti questo tema.

C’è qualche annedoto che vorresti raccontarci di questa tappa?

Senz’altro mi piacerebbe rendervi partecipi delle difficoltà incontrate al momento di registrare l’impresa sulle piattaforme virtuali, in particolare per quanto riguardava il titolo, perché questa categoria non esisteva. Inoltre, a livello internazionale, non esisteva ancora Oculus, né Google o Facebook avevano investito in questa tecnologia, perché non era di uso di massa. Comunque non nego che l’esperienza più divertente fu quella con Jeorge Lanata. Era la prima volta che faceva uno streaming dal vivo connettendo un programma radio a una piattaforma virtuale accessibile al pubblico. Quando seppe che venivo da Rosario ricordo che disse scherzando: “Ma voi rosarini siete da tutte le parti, non è possibile”.

Un progetto all’interno di questi sviluppi che si è distinto per la sua trascendenza?

Un’esperienza molto gratificante è stata vedere uno dei miei sviluppi educativi presentato in CNN in spagnolo.

C’è un progetto o uno sviluppo che in questo momento ti entusiasma più degli altri?

Mi entusiasma molto la consulenza I.T. in politica e comunicazione. A livello internazionale è più struttrato, pensato bene e retto da una grande infrastruttura di dati. Qui molte volte lo si fa in maniera disordinata, quando in realtà si può fare molto meglio visto che abbiamo le risorse umane e le infrastrutture necessarie. In questo senso ho lavorato in strategie di campagne politiche virali e integrate per candidati con carica esecutiva, legislativa e centri di quartiere. Un ventaglio professionale che va dalla pianificazione della strategia generale, la ricerca e la capitalizzazione delle risorse, passando per l’analisi dei dati, fino alla formazione degli utenti finali. In questo caso particolare, non cito i nomi dei candiati per questioni di protocollo.

Un’esperienza personale o lavorativa che ti ha segnato?

Bè la vita ipso facto ci sorprende sempre. Per motivi di salute in famiglia, dopo l’esperienza come imprenditore sono tornato a lavorare più vicino a casa. Ho organizzato e portato avanti tutto il processo di recupero e riabilitazione della salute di mia madre. Desideravo avere la possibilità di restituire tutto quello che mi avevano dato e continuavano a darmi le persone a me più care e grazie a questo ho affrontato nuove sfide con una visione rafforzata di quello che è realmente importante nella vita. Per la mia esperienza personale quello è stato un momento di svolta.

Al giorno d’oggi quali sono le sfide che un Ingegnere in Sistemi di Informazione credi debba affrontare?

Questo lavoro ha molte ramificazioni e confini, per questo si potrebbero contare molteplici sfide. Se parliamo di sfide in generale allora potrei concentrarmi su quello con cui un ingegnere appena laureato o anche uno già avviato deve fare i conti, le definizioni stigmatizzate come ad esempio  “riparatore di PC”, “programmatore”, “hacker”, “disegnatore di pagine web”, etc.

Potrebbe sembrare uno scherzo ma nel nostro paese e in generale in Sud America, gli Ingegneri di Sistema sono confusi spesso con altre professioni tecniche. Molte volte infatti si pensa erroneamente che l’Ingegnere di Sistemi debba sapere tutto circa la tecnologia, hardware, software o qualsiasi altra tematica relazionata. Nonostante sia una professione “relativamente” nuova se paragonata ad altre che hanno alle spalle secoli di storia, c’è una grande disinformazione da parte delle persone in generale, professionisti e non.

Questo non significa che non rispetto le persone che di professione programmano o riparano pc, tutto il contrario, mi riferisco invece alla confusione che genera poi il problema della scarsa remunerazione quando viene assunto un Ingegnere dei Sistemi per fare un lavoro che non gli compete. Una grande piaga è il fatto che si dà uno stipendio con valore tecnico a coloro che ad esempio hanno fatto un corso di linguaggio di programmazione, ma che non hanno alcuna formazione universitaria. E, torno a ripetere, non mi esprimo su altri professionisti, mi riferisco al fatto che non sta bene assumere un Ingegnere dei Sistemi di Informazione per realizzare unicamente ed esclusivamente il lavoro di programmatore. Qui la colpa ce l’ha l’impresa che sa bene quello che sta facendo ma tuttavia lo fa ugualmente. Un ingengere ha competenze integrate, vede i processi con gli occhi di un’aquila, ha risorse umane, infrastrutture e moltissime altre conoscenze che ha sviluppato grazie alla sua formazione universitaria.

Se dovessi ricominciare la tua carriera professionale come imprenditore, sapendo quello che l’esperienza ti ha insegnato sino ad ora, cosa faresti di diverso?

“Essere perfezionista è quello che molte volte mi rimprovero”

É una risposta molto difficile perché come esseri umani siamo costretti a prendere delle decisioni in ogni secondo della nostra vita. Però posso affermare che non mi pento di nulla di quello che ho fatto a livello professionale, perché tutto quello che ho sviluppato l’ho fatto con coscienza e con la stessa professionalità, indipendentemente dalle dimensioni del progetto. Questo mi dà tranquillità, essere onesto. Essere perfezionista è quello che molte volte mi rimprovero.

Che consigli daresti a quei professionisti o imprenditori che desiderano avere successo?

“Il valore aggiunto più importante per un professionista è la sua onestà. Saper dire no al momento giusto. E vorrei ricordare loro di prendersi sempre cura dell’ingegneria sociale, che è l’hacking umano, questo è il vero cavallo di troia.”

Anzitutto mi piacerebbe sapere qual’è la loro definizione di successo. Sembra un cliché, ma posso affermare empiricamente che il successo è qualcosa di molto personale.

Per me il successo significa fare un lavoro che mi appassiona e avere la certezza che i miei affetti sono esattamente là dove desiderano stare e che sono felici. Non mi piace dare consigli come se fossero massime, però posso prendere quello che dalla mia esperienza lavorativa ho colto di positivo. Il valore aggiunto più importante per un professionista è la sua onestà, se uno è onesto con il suo cliente e questo ha la capacità di vedere e dare valore alla sua onestà, non avrei dubbi nel concludere un accordo con lui. Per onestà non mi riferisco solamente al fatto di non mentire ma anche alla capacità di dire quello che il cliente non è preparato o non vuole sentire, ma che nel momento in cui si apre a questo ottiene un beneficio assicurato. Voglio dire, non essere politicamente corretti per tutto il tempo. Anche essere sufficientemente umili per capire le esigenze irrealizzabili del cliente, stabilire un rapporto di empatia affinché lui capisca che sei dalla sua parte e lavori nell’interesse di entrambi. Creare un’atmosfera di lavoro il più tranquilla è piacevole possibile, sia se ci si trova dalla parte di chi fa le regole che dall’altro lato. Cercare di ricordarsi che se una persona dirige il progetto quella persona è il leader del gruppo, non il capo, questa è una grande sfida tanto professionale come emozionale.  Saper dire “no” al momento giusto perché si è consapevoli che sostenere un “si” nel tempo è impossibile. Infine vorrei ricordare loro di prendersi sempre cura dell’ingegneria sociale, che è l’hacking umano, questo è il vero cavallo di troia.

Oggi qual’è la tua motivazione principale?

Uscire dall’area di confort è la mia motivazione

Mio padre quando ero piccolo mi ripeteva sempre questa frase: “Devi sempre questionare su tutto, rispondere alla domanda di qualcuno con un altro e perché?”. Non dimenticherò mai questo, quella sete di conoscenza, di curiosità, essere sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, uscire dall’area di confort è la mia motivazione. Quando si dice che la nostra generazione è bombardata di informazioni e per questo saturata, non è il mio caso, perché penso che abbiamo la capacità di discernere chi o quale informazione è utile o vera. E se non hai questa capacità puoi chiedere consiglio a qualcuno che invece ce l’ha. In quanto a motivazione personale credo, come ho detto prima, che aiutare il prossimo è il migliore impuso e anche quello più gratificante.

Facebook o Twitter? E perché?

“Da un punto di vista personale scelgo Twitter, perché è il social network più democratico. Su Twitter cittadini e politici sono allo stesso livello”

Da un punto di vista personale scelgo Twitter, perché è il social network più democratico che esiste.  Nel bene e nel male agisce come una via di comunicazione diretta fra persone che non potrebbero mai incontrarsi in altri modi. Dico nel bene e nel male perché ovviamente qualsiasi persona che si nasconde dietro un profilo falso si prende la licenza di dire qualsiasi cosa rimanendo impunito e altre persone potrebbero anche prendere per vere notizie che non lo sono, tuttavia la colpa è di chi non controlla le fonti delle notizie che legge.

Ma il lato positivo è che si può parlare senza filtri con qualsiasi persona o personaggio di cui si ha bisogno e inoltre trasmettere un messaggio che sia pubblico affinché venga raccolto da milioni di persone, senza necessariamente essere in relazione di “amicizia” con questi. In altre parole Twitter mette sullo stesso piano un utente e un politico, si trasforma in una comunicazione orizzontale, anche se questo non si applica o non vale nella vita reale. Twitter è “LO” strumento comunicativo più importante della rete, perché si è convertito nella voce ufficiale di politici, eventi, dichiarazioni giornalistiche, etc. Un esempio a me vicino è quello del dibattito fra candidati alla presidenza  in Argentina, il primo nella storia dove tutte le voci politiche sono passate attraverso questa rete. Twitter per sua natura è la rete di partecipazione attiva o attivista, ovviamente se la si usa bene.

Facebook invece ha un uso più passivo, ossia l’utente aspetta di leggere quello che già è stato deciso che legga per avere un’esperienza più diveretenze e priva di dibattito esterno. Anche il controllo dei commenti segue una metodologia più restrittiva, perché possono essere cancellati molto facilmente da un amministratore, una visione totalmente opposta alla libertà di azione che dà Twitter.

Il meglio di Twitter è non leggere le catene che si condividono sulle bacheche di Facebook.

Se invece parliamo di marketing, pubblicità e questioni che si riferiscono al posizionamento di brand, la questione andrebbe analizzata in maniera più minuziosa, con un altro senso della prospettiva e sarebbe un tema molto più grande per poterne parlare qui.

Mi ricordo che a un evento di fumetti ho avuto la possibilitò di fare una domanda a David Lloyd, il disegnatore di “V per Vendetta” circa l’uso che  fa “Anonymus” nelle reti sociali della maschera di Guy Fawkes, ed egli mi rispose: “Non appoggio nessuna causa ingiusta, ne qualche movimento in particolare, ma se è per una buona causa non ci vedo nulla di male nell’usare qualsiasi tipo di maschera”.

Senza entrare in temi più complessi come il caso PRISM o altri più polemici come l’uso dei dati privati degli utenti delle reti sociali, mi piacerebbe chiudere questa domanda con una frase di Orwell che utilizzo per riferirmi all’uso differente delle varie reti sociali: 

“Il giornalismo consiste nel dire cose che altri non vogliono che si dicano; tutto il resto sono pubbliche relazioni”

Per me questo riassume la differenza nell’uso personale fra Twitter e Facebook.

Quali blogs o pagine web sono i tuoi punti di riferimento a livello professionale? Quelli che visiti con maggior frequenza per mantenerti aggiornato…

Mi piace leggere gli articoli attraverso RSS, ossia il testo nella sua forma più semplice possibile. Senza alcun ordine raccomando soprattutto i seguenti: Techcrunch, Wired, Thenextweb, Tech2, Mashable, Theverge, Forbes Technology, Nytimes Technology, Ars Technica, Cnet, Engadget, Lifehacker, fra i tanti.

Come possono seguirti i miei lettori?

Il mio sito personale è penotti.com.ar  e i miei contatti social sono:

Twitter: @penotti (twitter.com/penotti)

Instagram: @penotti (instagram.com/penotti)
LinkedIn: linkedin.com/in/penotti.

Un vero e proprio esempio di passione, dedizione e duro lavoro con il quale è stato un vero piacere parlare. E se ancora non lo conoscevi spero che anche per te sia stato un piacere scoprirlo.

 

leonardo penotti

Leonardo Penotti exponiendo en el Centro de Expresiones Contemporáneas.

Entrevista a Leonardo Penotti | (@penotti)

Conocer a otras personas que ya han recorrido el camino que tú quieres iniciar, cuando se trata de emprender, descubrir sus experiencias, saber lo que pensaban cuando iniciaron su andadura profesional, lo que piensan ahora, lo que sin dudar volverían hacer y qué aprendizaje han sacado de los errores, es en mi opinión, de gran ayuda para cualquier emprendedor.

Es por ello que he decidido abrir una nueva «ventana» en el blog, un espacio de entrevistas a emprendedores. Y he tenido el placer de conocer y poder abrir esta sección con Leonardo Penotti. (@penotti)

Argentino con raíces italiana, Penotti es  Ingeniero de Sistemas de Información, Consultor I.T. en comunicación y política y emprendedor.


penotti
—Para que todos te podamos conocer un poco más y mejor, ¿nos puedes contar brevemente un poco sobre ti?

—Actualmente vivo en la ciudad de Rosario, Argentina, donde nací y crecí. Soy Ingeniero en Sistemas de Información y Consultor I.T. en Comunicación y Política.

—¿Qué influencia tuvieron tus padres en ti?

— Me crié en un hogar de clase media, trabajadora y sobre todo con mucho amor por parte de mis padres. De ellos aprendí el valor de la palabra, la empatía, el respeto, la honestidad y sobre todo lo importante que es para uno mismo ayudar al otro. Puedo decir que predicaron con el ejemplo, nunca hizo falta que me dijeran nada.

—¿Cuáles son tus orígenes?

— Mis orígenes se remontan hacia el norte de Italia, específicamente a Piamonte, por eso mi nacionalidad italiana además de la argentina, claro está. Mis abuelos tenían carreras y empleos totalmente dispares, litografía, metalurgia, pintura y artes plásticas. Es decir, ninguno de ellos tenía una orientación laboral símil a la mía que disparara mi interés por la Ingeniería, pero sí por las artes en general. Si hablamos de mis orígenes étnicos, como la gran mayoría de los argentinos, corre por mi cuerpo sangre italiana, libanesa, francesa y criolla.

—¿En qué momento de tu vida decidiste que querías ser Ingeniero en Sistemas de Información? 

—Aproximadamente en el último año de la escuela primaria.

—Cuéntanos sobre tus inicios en la carrera de Ingeniería en Sistemas de Información

—Me recibí de Ingeniero en Sistemas de Información en mi ciudad, con formación estatal, en la Universidad Tecnológica Nacional y privada, en la Universidad Abierta Interamericana.

—¿Qué cursos o instrucciones te resultaron útiles como complementos a tu carrera?

—Mientas cursaba la facultad, seguí capacitándome en seminarios y cursos afines e interdisciplinarios como por ejemplo, Unified Modeling Lenguaje, análisis de datos, arquitecturas del software, nuevas tecnologías, entre otras. Cabe destacar que el estudio de idiomas, también fue parte relevante, ya que para actualizarse rápidamente hay que leer la bibliografía en el idioma de origen, con el plus de que los conceptos del autor no sufren alteraciones.

—Hablando de libros, ¿qué libros o autores fueron de referencia o de cabecera para ti en la etapa de estudiante?

—Existe un gran espectro en este sentido. Las especialidades dentro de la carrera son tan extensas que sería imposible recomendar solamente unos pocos. Pero me animo a recomendar sin duda alguna grandes autores que abarcan temas de manera integral y también aquellos que tratan temas puntuales. Por ejemplo, Thomas Cormen, William Stallings, Charles Leiserson, Craig Larman, Ronald Rivest, Andrew Tanenbaum, Abraham Silberschatz, Clifford Stein, entre tantísimos otros. Ningún libro de ellos defrauda.

—Sobre libros o autores no educativos sino recreativos, ¿cuáles prefieres? Tal vez, ¿relacionado a la tecnología también?

—Partiendo de la base de que los géneros que más me atraen son el distópico y el cyberpunk, los autores que más disfruto leer son William Gibson, George Orwell, Aldous Huxley, Ray Bradbury, Phillip Dick, Alan Moore, Masamune Shirow, Phyllis James, y algunos más. Del mismo modo grandísimos directores de cine que mezclan la distopía con el surrealismo como por ejemplo Hideaki Anno, Terry Gilliam, Fritz Lang, Luis Buñuel, David Lynch, David cronenberg, Alejandro Jodorowsky y la lista sigue.

—¿Qué tópico tuvo tu tesis de carrera?

—Mi tesis se basó en una plataforma virtual universitaria para uso docente y del alumnado desarrollada como modelo integral de negocio. Con la connivencia de varios docentes, testeamos el software online en varias cursadas de la Facultad durante todo el proceso de desarrollo. La contrapartida de la implementación fue muy buena. Esto dejó ver que la resistencia al cambio en el ámbito académico es cada vez menor.

—¿Recuerdas alguna materia que te hiciera “doler un poco la cabeza”?

—Si bien las matemáticas me encantan, no puedo olvidar materias como “Física de las Leyes de Einstein”, “Electromagnetismo en Estado Sólido II” y alguna otra que me estoy olvidando seguramente.

—¿Cómo o cuándo comenzó tu etapa profesional?

—Mientras cursaba la etapa final de la carrera, a mis 25 años, junto a un grupo de profesionales, fundé en la ciudad de Buenos Aires la primera empresa de Argentina en ofrecer servicios en plataformas inmersivas. Además de mi rol gerencial, me desempeñé como jefe de proyecto y desarrollador. Mi especialización me permitió ser el único programador en ese momento en la región del lenguaje orientado a objetos de Linden Lab y de Opensim.

leonardo penotti

Leonardo Penotti exponiendo en el Centro de Expresiones Contemporáneas.

—¿Recuerdas alguna interacción curiosa con tus primeros clientes? 

—Recuerdo una situación graciosa en dónde un cliente me dijo: “Sos el primer Ingeniero en Sistemas extrovertido que conozco”. Me causó mucha gracia.

—¿Qué proyectos o desarrollos fueron de mayor trascendencia o relevancia? Tanto para ti, cómo para el cliente.

—Tuve la oportunidad de llevar adelante proyectos inmersivos en el área política para el Gobierno de la Ciudad Autónoma de Buenos Aires, en el área educativa para la Universidad Argentina de la Empresa (U.A.D.E.), en Tics para la Red de Escuelas Medias, en gamificación para Sedal Argentina de la mano de la conductora Mariana Fabbiani y en el área multimedial para Radio Del Plata de la mano del periodista Jorge Lanata, entre otros. Finalizando esta etapa dicté algunos talleres y seminarios referentes al tema.

—¿Alguna anécdota que nos quieras contar de esa etapa?

—Podría comentar el periplo que fue registrar la empresa bajo el rubro de plataformas virtuales, ya que por esos años, no existía esa categoría. Es más, en el plano internacional aún no existía Oculus, ni Google o Facebook habían invertido en esta tecnología, por lo que no era de uso masivo. Aunque no voy a negar que fue por demás de divertida la experiencia con Jorge Lanata. Era la primera vez que se hacía un streaming en vivo conectando un programa de radio con una plataforma virtual accesible públicamente. Cuando él se enteró que yo era rosarino, recuerdo que bromeó: “Pero ustedes los rosarinos están en todos lados, no puede ser”.

—¿Un proyecto dentro de estos desarrollos que destaques por su trascendencia?

—Una experiencia muy gratificante fue ver uno de mis desarrollos educativos presentado en CNN en Español.

—¿Tienes algún proyecto o desarrollo que actualmente te entusiasme más que los demás?

—Me entusiasma mucho la consultoría I.T. en política y comunicación. A nivel internacional es más estructurado, pensando y con gran infraestructura de datos. Aquí muchas veces se realiza desprolijamente, cuando en realidad se puede hacer mucho mejor ya que contamos con los recursos humanos y la infraestructura necesaria. En ese sentido, trabajé en estrategias de campañas políticas virales e integradoras para candidatos a cargos ejecutivos, legislativos y centros distritales. Un abanico de trabajo que va desde el armado de la estrategia general, tracción y capitalización de recursos, pasando por el análisis de datos, hasta la capacitación de los usuarios finales. En este caso particular, me reservo comentar los nombres de los candidatos por cuestiones protocolares.

—¿Una experiencia personal o laboral que te haya marcado?

—Bueno, la vida siempre nos sorprende ipso facto. Por cuestiones de salud familiar, luego de la experiencia emprendedora/empresarial, volví a trabajar más cerca de casa. Organicé y llevé a cabo todo el proceso de recuperación y rehabilitación en la salud de mi madre. Con esa libertad de haber tratado de devolver todo lo que nos dieron y nos siguen dando nuestros seres más queridos, encaré nuevos desafíos con una visón reforzada de lo que es realmente importante en la vida. En lo personal, fue un punto de inflexión.

—¿Qué desafíos consideras que enfrenta un Ingeniero en Sistemas de Información hoy en día?

—La carrera posee muchas ramificaciones y aristas, por lo tanto se podrían cuantificar múltiples desafíos. Pero si hablamos de desafíos generales, podría centrarme en lo que un recién graduado o inclusive un Ingeniero con trayectoria tiene que lidiar, los estigmas del mote “reparador de PC”, “programador”, “hacker”, “diseñador de página web”, etc. Suena a broma, pero en nuestro país y en Latinoamérica en general, los Ingenieros en Sistemas son confundidos frecuentemente con otras profesiones técnicas. En adhesión a lo anterior, muchas veces, se asume erróneamente que el Ingeniero en Sistemas debe saber todo sobre tecnología, hardware, software o cualquier temática relacionada. Si bien es una carrera “relativamente” nueva comparada con otras que llevan siglos de antigüedad, hay un gran desconocimiento por parte de las personas en general, profesionales o no.

Esto no quita mi respeto hacia las personas que programan o reparan pc, etc., todo lo contrario, me refiero a la confusión y por ende a la mala remuneración del Ingeniero en Sistemas cuando se lo emplea para que realice una tarea que no es la suya. Un gran flagelo es que se lo exprime con sueldos de tecnicaturas, por ejemplo, aquellos quienes realizaron un curso de algún leguaje de programación, pero no tiene una formación universitaria. Y vuelvo a reiterar, no hablo sobre los demás profesionales, me refiero a que está mal contratar a un Ingeniero en Sistemas de Información para realizar única y exclusivamente el trabajo de un programador. Allí la culpa está en la empresa que sabe lo que está haciendo, pero sin embargo lo hace igual. El ingeniero posee una capacidad integradora, la vista de águila de los procesos, de los recursos humanos, de la infraestructura y de muchísimas tareas más que están contempladas en su formación universitaria.

—Si tuvieras que comenzar tu carrera profesional como emprendedor de nuevo, sabiendo lo que la experiencia te ha enseñado, ¿qué harías diferente? 

❝ Ser perfeccionista es lo que muchas veces me reprocho. 

—Es una respuesta difícil de cuantificar porque como seres humanos estamos expuestos a decisiones cada segundo de nuestra vida. Pero sí puedo afirmar que no me arrepiento de nada de lo que di como profesional, porque todo lo que desarrollé, lo hice a conciencia y con la misma profesionalidad, sin importar la envergadura del proyecto. Eso me deja tranquilo siempre, la honestidad. Ser perfeccionista es lo que muchas veces me reprocho.

—¿Qué consejos le darías a los profesionales o emprendedores que quieran ser exitosos?

❝ El valor agregado más importante de un profesional es su honestidad. Saber decir un «no» a tiempo. Y recordarles que se cuiden siempre de la ingeniería social, que es el hacking humano, ese es el verdadero troyano.

—Lo primero que haría es preguntarle a esa persona la definición de éxito según su visión. Suena a cliché, pero puedo afirmar empíricamente que el éxito es muy personal.

Para mí, el éxito es trabajar de lo que me gusta y tener la certeza de que mis afectos estén dónde quieran estar y felices. No me gusta dar consejos como si fueran máximas, pero sí, desde mi experiencia laboral puedo contar qué acciones resultaron positivamente. El valor agregado más importante de un profesional es su honestidad, si uno es honesto con su cliente y éste tiene la capacidad de ver y valorar esa honestidad, no dudaría en cerrar un trato con él. Con honestidad no me refiero solamente al hecho de no mentir, sino también a decir las cosas que el cliente no está preparado o no quiere oír, pero que al abrirse a ellas, obtiene un beneficio asegurado. Es decir, no ser políticamente correcto todo el tiempo. También ser lo suficientemente humilde para entender las exigencias irrealizables del cliente, pero poder llegar a un grado de empatía para educarlo para que pueda comprender que estás de su lado y lo haces por el bien de los dos. Crear una atmósfera de trabajo lo más tranquila y amena posible, tanto si te toca estar del lado de imponer las reglas, como del otro. Tratar de recordar que si uno es el que dirige el proyecto, es el líder del grupo, no el jefe, ese es un gran reto tanto profesional como emocional. Saber decir que “no” a tiempo, porque sostener un “si” en el tiempo, es imposible. Por último, recordarles que se cuiden siempre de la ingeniería social, que es el hacking humano, ese es el verdadero troyano.

—Hoy, ¿cuál es tu motivación principal? 

❝ Salir del área de confort es mi motivación. 

—Mi padre, cuando yo era un niño, siempre me decía una frase: “Siempre hay que cuestionar el funcionamiento de todo, agregar a la respuesta del otro un ¿y por qué?”. Jamás me olvido de eso, esa sed de conocimiento, de curiosidad, de estar siempre buscando algo nuevo, salir del área de confort es mi motivación. Cuando se habla que nuestra generación está bombardeada de información y por ende saturada, en mi caso no funciona así, porque considero que tenemos la capacidad de discernir qué o cuál información es la útil o la verdadera. Y si no se tiene esa capacidad, se puede pedir consejo a personas que la posean. En cuanto a motivación personal, considero, como comenté anteriormente, que ayudar al otro, es el mejor impulso y el más gratificante.

—¿Facebook o Twitter? y ¿por qué?

❝ Desde el punto de vista personal, me quedo con Twitter, es la red social más democratizadora. En Twitter, está al mismo nivel cualquier usuario que un político. 

Desde el punto de vista del uso personal, me quedo siempre con Twitter. Es la red social más democratizadora que existe. Para bien o para mal, actúa como vía de comunicación directa entre personas que jamás podrían cruzarse de otro modo. Digo para bien o para mal, porque obviamente cualquier persona que se esconda bajo una cuenta falsa tiene la impunidad de decir cualquier cosa y que otras la tomen como cierta, aunque la culpa la tienen estas últimas por no chequear la fuente. Pero lo bueno es que se puede hablar sin filtros con cualquier persona o personaje que uno quiera o necesite y además transmitir un mensaje que sea público para ser alcanzado por millones de personas sin necesidad de ser “amiga” de otra. En otras palabras, en Twitter puede quedar al mismo nivel un usuario o un político, se transforma en una comunicación horizontal, aunque no se aplique o sea válido en “la vida real”. Twitter  es “LA” herramienta comunicacional más importante en la red, es decir, se convirtió en la voz oficial de políticos, eventos, declaraciones periodísticas, etc. Un ejemplo vernáculo fue el primer debate de candidatos a presidente de la historia en Argentina y precisamente todas las voces políticas pasaron por esta red. Twitter es la red de participación activa o activista por naturaleza, por supuesto, si se usa bien.

Facebook en cambio, tiene un uso más pasivo, es decir, es el usuario el que espera a leer lo que está estipulado que lea para tener una experiencia mucho más placentera y sin debate externo. Inclusive el control de los comentarios tiene una metodología más restringida, ya que pueden ser borrados muy fácilmente por un administrador, es decir, una visión totalmente opuesta a la libertad de acción en Twitter. A modo de gracia, lo mejor de Twitter es no leer las cadenas que se comparten en los muros de Facebook.
Ahora, si hablamos de marketing, publicidad y cuestiones referentes a posicionamientos de marcas, este tópico debería contar con un análisis más minucioso, con otro sentido de la perspectiva y sería muchísimo más extenso para abordar.
Recuerdo que un evento de cómics pude realizarle una pregunta a David Lloyd, el ilustrador de “V de Vendetta” sobre el uso que hace “Anonymous” en las redes sociales de la máscara de Guy Fawkes y me dijo: “No apoyo ninguna causa injusta, ni ningún movimiento en particular, pero si la causa tiene un buen fin, no veo el inconveniente que usen cualquier tipo de máscara”. Sin entrar en temas más complejos como el caso PRISM u otros más polémicos cómo el uso de los datos privados de los usuarios en las redes sociales, me gustaría cerrar esta pregunta con una frase de Orwell que yo utilizo para referirme a la diferencia de utilización de las redes sociales:

“El periodismo consiste en decir cosas que alguien no quiere que digas; todo lo demás son relaciones públicas”.

Para mí, eso resume la diferencia en el uso personal entre Twitter y Facebook.

—¿Qué webs o blogs son tus referentes a nivel profesional? Esos que visitas con frecuencia para mantenerte actualizado…

—Me gusta leer los artículos a través de RSS, es decir, el texto lo más crudo posible. Sin ningún orden recomiendo especialmente las siguientes: Techcrunch, Wired, Thenextweb, Tech2, Mashable, Theverge., Forbes Technology, Nytimes Technology, Ars Technica, Cnet, Engadget, Lifehacker, entre tantas otras.

—¿Cómo te pueden seguir los usuarios?

—Mi sitio personal es penotti.com.ar y mis redes sociales son:
TWITTER: @penotti (twitter.com/penotti)
INSTAGRAM: @penotti (instagram.com/penotti)
LINKEDIN: linkedin.com/in/penotti.

 

 

Todo un ejemplo de pasión, dedicación y trabajo duro con el que ha sido un pacer hablar. Y si no lo conocías, espero que para ti también lo haya sido descubrirlo.